“L’essere umano può chiamarsi un essere «etico» soltanto se considera sacra la Vita in se stessa, sia la vita umana, sia quella di ogni altra creatura”.
(Albert Schweitzer , Premio Nobel per la Pace 1952)
Siamo nel 1913, a Labaréné, un villaggio in un piccolo stato dell’Africa: il Gabon. La foresta equatoriale è come una muraglia gigantesca. C’è un caldo soffocante.
Su una piccola collina, sotto il tetto di un vecchio pollaio aggiustato alla meglio, il dottor Albert Schweitzer e sua moglie Hélène sono chini su un giovane uomo gravemente malato. Lo stanno operando. Intorno, in un silenzio mortale, decine di persone, parenti e amici del giovane ammalato, li stanno osservando. Si sentono solo i rumori della giungla: grida di uccelli, scricchiolii di rami spezzati…
Il dottore sa che se il giovane morirà sotto i ferri, gli uomini raccolti li’ attorno lo uccideranno. Ma l’operazione riesce.
Quando il giovane si sveglia dalla narcosi, grida più volte :
– Non soffro più!
Poi cerca la mano del dottore e la tiene a lungo tra le sue.
Allora il tam-tam trasmette agli abitanti della foresta la grande notizia: l’ «oganga bianco» (lo «stregone bianco») ha un coltello che guarisce i mali. L’ «oganga bianco» ci guarirà !
E per cinquantadue anni lo «stregone bianco» continuo’ a medicare, a operare, a guarire migliaia di ammalati che accorrevano da lui.